lunedì 28 novembre 2011

Retrodatato

Quando a settembre ho accettato un contratto di cinque ore sull'attività alternativa alla Religione cattolica, mai avrei pensato che sarebbe stato così complicato.
Svegliarsi il sabato mattina è faticoso; già dal venerdì sera avverto la pesantezza di varcare quella porta della scuola.
Perchè è così. Inutile celarsi dietro la parola "insegnante", apparendo come la categoria che integerrima svolge con passione il proprio lavoro.
No. Io aspetto che arrivi l'ancora lontano 9 giugno.
Potrebbe esserci qualcuno suscettibile che subito storcerà il naso criticando questa supplente ingrata di avere un lavoro; è un rischio che correrò.
Sono consapevole di essere una semplice supplente e che come tale sono destinata a girovagare senza una meta fissa per chissà quanto tempo, ma questo non è sufficiente per accettare l'ambiente lavorativo della scuola che, in molte occasioni, appare davvero pessimo.
Quando un insegnante è l'ultimo arrivato non ha credito, non ha diritti, è guardato con diffidenza.
Con un solo giorno a settimana poi, è tutto amplificato.
Allora capita di provare ad essere più gentili del dovuto, a cercare uno sguardo confortevole di complicità. Personalmente sorrido, saluto e scambio due parole con tutti...eppure ho la sensazione di avere i loro sguardi puntati addosso.
Insomma, lavorare a scuola in alcuni casi può diventare una vera tortura.

Ogni settimana il solito rituale; entro nella classe assegnata per l'attività, appendo la giacca, prendo dalla borsa  l'agenda, l'astuccio e l'immancabile chiavetta del caffè, Sospiro e vado a cercare i bambini che non si avvalgono della Religione.
Un sabato qualunque, fin quando non accade l'inaspettato.
 
Un bambino di quinta [un ragazzo di quinta] al termine delle due ore mi guarda e mi dice che dovremmo vederci più spesso, non solo il sabato. [12/11]
L'insegnante di religione è assente e l'attività di alternativa salta per le prime quattro ore. All'ultima ora prendo i sette di quinta, già preoccupati di non vedermi; le tre bambine [o ragazze che dir si voglia] tirano fuori un pacchetto regalo con un braccialetto composto di tre cuori: i loro tre cuori. [19/11]
Entro nella terza dove uno dei quattro bambini mi corre incontro avvolgendomi completamente in un abbraccio. [26/11]

Allora sì, il sabato continuerà ad essere estremamente pesante e io aspetterò sempre il 9 giugno, ma ci sono loro, ai quali è impossibile non affezionarsi.

Perchè senza di loro, io come insegnante non sono nulla.

3 commenti:

  1. Ciao Fabiana.
    Bel post, complimenti e in bocca al lupo per il tuo lavoro.
    Le soddisfazioni che possono dare i bambini sono proprio tantissime.

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  2. Evidente la fatica, che ogni lavoro si porta dietro, non impedisce di applicarsi con coscienza e passione anche in un quadro poco confortevole.
    sono commosso, ma io mi commuovo per "nulla", non ti preoccupare.

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  3. vedi, io sono stanco, e ho perso un pezzo di parola... un "mente".

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