Quando a settembre ho accettato un contratto di cinque ore sull'attività alternativa alla Religione cattolica, mai avrei pensato che sarebbe stato così complicato.
Svegliarsi il sabato mattina è faticoso; già dal venerdì sera avverto la pesantezza di varcare quella porta della scuola.
Perchè è così. Inutile celarsi dietro la parola "insegnante", apparendo come la categoria che integerrima svolge con passione il proprio lavoro.
No. Io aspetto che arrivi l'ancora lontano 9 giugno.
Potrebbe esserci qualcuno suscettibile che subito storcerà il naso criticando questa supplente ingrata di avere un lavoro; è un rischio che correrò.
Sono consapevole di essere una semplice supplente e che come tale sono destinata a girovagare senza una meta fissa per chissà quanto tempo, ma questo non è sufficiente per accettare l'ambiente lavorativo della scuola che, in molte occasioni, appare davvero pessimo.
Quando un insegnante è l'ultimo arrivato non ha credito, non ha diritti, è guardato con diffidenza.
Con un solo giorno a settimana poi, è tutto amplificato.
Allora capita di provare ad essere più gentili del dovuto, a cercare uno sguardo confortevole di complicità. Personalmente sorrido, saluto e scambio due parole con tutti...eppure ho la sensazione di avere i loro sguardi puntati addosso.
Insomma, lavorare a scuola in alcuni casi può diventare una vera tortura.